On the role of Resources in the “Third Industrial Revolution”

Back from the Panel with Catarina Mota we hosted as Ouishare at the Fablab Barcelona.  Great discussion about materials, supply chain and more in general about why this Third Industrial Revolution is about a more conscious and honest use (and relation) with resources.

You can read the recap in English post here on ouishare.net media and enjoy the video of the entire panel.

Here follows an Italian translation for the Italian readers.

During The Panel – Photo CC Ouishare


Perchè la Terza Rivoluzione Industriale riguarderà il rapporto con le risorse

Fino ad oggi, l’importanza dei materiali aperti e fai-da-te (DIY), così come della condivisione delle conoscenze in proposito, è stata notevolmente sottovalutata. Il lavoro di Catarina Mota, già intervistata su questo blog, ha dimostrato le grandi potenzialità di innovazione che abbiamo in questo campo.

I materiali aperti e il rapporto con le risorse nel futuro sono stati oggetto di un bellissimo talk ospitato dal FabLab Barcellona presso l’Istituto per gli Studi avanzati in architettura della Catalogna che ha visto Catarina confrontarsi con un panel composto da me, e Tomas Diez manager del Fablab, moderato da BenTincq.

In questo evento abbiamo voluto dare l’opportunità alla comunità degli studenti e dei makers di Barcellona e non solo, di conoscere il prezioso lavoro di Catarina, contribuendo a richiamare l’attenzione della gente sull’argomento materiali e catena di approviggionamento.

È possibile rivedere il panel qui:

OuiShare Talk – Catarina Mota at Fablab Barcelona from OuiShare on Vimeo.

Materiali innovativi

La relazione più chiara ed evidente tra materiali intelligenti e la nostra capacità di innovare è sicuramente nel campo dell‘interaction design. Questi nuovi materiali ci fanno fare un passo avanti e prefigurano una svolta nella creazione di quella tecnologia che, secondo le parole di Amber Case che mi piace sempre citare: “scompare dal nostro punto di vista e diventa semplicemente un enabler”.

Catarina ha condotto sperimentazioni con inchiostri conduttivi, circuiti di carta, fili a memoria di forma o anche vernici termocromiche: tuttavia sembra ovvio che la condivisione di conoscenze in questo campo promette molto di più. Quese sperimentazioni sembrano dunque solo l’inizio di una grande potenziale rivoluzione innovativa nel campo dei materiali.

Malgrado il ruolo del fai da te (DIY) nella la produzione di materiali innovativi  ancora poco chiaro, ci sono già stati alcuni risultati incoraggianti. Forse avrete sentito parlare del grafene: un materiale nuovo, suscettibile di essere utilizzato per una miriade di applicazioni innovative per il futuro. Ecco: supercondensatori di grafene sono già stati prodotti in maniera praticamente fai da te utilizzando un masterizzatore DVD (video).

Le domande del pubblico hanno mostrato (ad esempio quando al panel è stato chiesto di esprimere una opinione riguardo l’utilizzo di materiali riciclati nella fabbricazione – come le bottiglie di plastica), che le più grandi sfide e la maggiore attenzione in questo settore riguardano spesso obiettivi ambientali.

I nuovi approcci ai materiali che sono stati discussi avranno senza dubbio un ruolo cruciale nella creazione di sistemi di produzione autosufficienti che operino su scala locale non dipendendo più da risorse esterne.

Parlando di utilizzo sensibile delle risorse, ho potuto discutere con Tomas Diez del progetto  Green FabLab. Green FabLab è un’iniziativa – sempre di IAAC – che mira a creare un sistema produttivo che si ispiri ai processi naturali e ricerchi nuove soluzioni nell’ambito della sostenibilità ispirate dalla natura. Chi di voi conosce la sua operaà potrà riconoscere in questo approccio qualcosa del pensiero di Gaudì, che dell’imitazione della natura fece un pilastro della sua opera creativa.

Poiché il Green FabLab produrrà anche il cibo e l’energia che gli saranno necessari a livello locale (o almeno ci proverà), il progetto incarnerà una visione di un sistema che sia veramente Data-In / Data-Out: che  importi ed esporti all’esterno solo conoscenze condivise, non risorse materiali.

Nuovi modi di rapportarsi alla produzione e al consumo

Non molto tempo fa, un interessante articolo apparso su PLoS Biology (a cui ho anche accennato nella mia recente presentazione) chiamato The Macroecology of sustainability” ha sottolineato l’impossibilità di derogare dai principi che governano i sistemi fisici.

Uno sguardo onesto ai sistemi di produzione attuali (come le nostre città) mostra come essi siano altamente sbilanciati in termini di consumo di risorse e come la loro esistenza sia basata sull’introitare continuamente risorse e energia, ben lungi dalla autosussistenza di lungo temine.

Se non vogliamo condannarci a un destino fatto di un trasferimento su un altro pianeta – destino ineludibile se consideriamo lo sbilanciamento di risorse nei sistemi umani che abbiamo appena descritto – possiamo solo sperare che i processi di produzione si trasformino e divengano decentrati, distribuiti, polverizzati.

Abbiamo bisogno di un nuovo modello in cui vengono prodotte le merci Just in Time: quando ce n’è esigenza, in contrasto con la produzione di massa. Per arrivare a questo dobbiamo cambiare il nostro approccio alla progettazione degli oggetti. Dobbiamo renderla collaborativa e, soprattutto, più tollerante e adattabile ai materiali e ai lavoratori che sono disponibili a livello locale.

La condivisione della conoscenza ci aiuterà a superare la mancanza di competenze, ma abbiamo bisogno di trovare nuovi modi di accedere alle materie prime di cui avremo bisogno.

La progettazione degli oggetti di uso quotidiano diventerà più “invariante” a materiali disponibili, mentre allo stesso tempo saremo in grado di produrre questi stessi materiali localmente. Materiali che saranno definiti dalle loro proprietà, non dalle materie prime che li compongono.

Mentre progetti come Open Materials, Open Structures o Open Source Ecology stanno facendo grandi progressi nella progettazione di commons fisici, emergono altrettanti approcci per la creazione di oggetti di uso comune.

Progetti ambiziosi come custommade o anche l’italiano Slowd.it (che sta per lanciare la versione internazionale Slowd.eu, con l’obiettivo di creare una rete di designer e luoghi per la produzione artigianale) mostrano che la promessa che un modo diverso di relazionarsi con produzione e consumo è possibile e, da un certo punto di vista, inevitabile.

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